“Perdonatemi, ho scelto di scrivere per la prima volta in vita mia il mio intervento; perché non vorrei usare le parole in maniera inadeguata.
Ho difficoltà ad arrivare a fine mese; devo occuparmi della mia sussistenza, e come ho potuto notare anche in questi giorni la “sussistenza” ci spinge ad allargare le maglie del linguaggio e della sua etica. Non vorrei incorrere in questo errore.
Ho sentito dire che il teatro in streaming non è teatro e poi vendere corsi di teatro on line; ho sentito dire che dev’essere un momento “di passaggio” e poi vedo investire soldi pubblici in piccole e grandi piattaforme di lancio dello streaming; ho sentito dire che è bello affrontare viaggi alla scoperta di nuovi linguaggi, ma nessuno ha ricordato che questi viaggi sono pagati con soldi sottratti ai fondi, miseri, per il teatro.
Cosa fare in questo tempo “sospeso” e con questi fondi “da spendere”?
Banalmente continuare a fare teatro; spalmare i finanziamenti ottenuti su realtà teatrali che, malgrado costituiscano il tessuto culturale delle nostre comunità, sfuggono ai finanziamenti ministeriali, permettere alle compagnie di provare maggiormente (retribuite) senza dover correre a sfornare nuove produzioni.
Tanto si poteva fare, di maggiormente coerente, prima di spostare fondi ed energie su altro.
Il teatro e la danza sono le uniche arti performative che non differiscono dalla vita se non per la possibilità di controllarne alcuni parametri; come nella vita, così nel teatro e nella danza, ogni istante non sopravvive all’istante successivo.
Il tempo del teatro, per questo, non può essere che lo stesso per attore e spettatore.
Se mi venisse detto di eccitare oggi il mio amante per fargli avere un orgasmo domenica mattina, mi farei dei problemi.
Qual’è il luogo di questo dialogo?Il luogo del teatro è il corpo dello spettatore.
L’interiorità dell’attore si fa espressione nello spazio e nel tempo fino a raggiungere, attraverso i sensi, il corpo dello spettatore, varcare il confine della sua pelle, ed entrare in lui.
E’ li che lo sforzo dell’attore accolto dello spettatore diventa spettacolo.
L’espressione dell’interiorità dell’attore si lascia metabolizzare dal sistema neurale e dal cervello dello spettatore fino ad assumere una forma che dipende in buonissima parte dalla biografia dello spettatore, che ne legge i segni, ne assorbe i sintomi, e da vita a qualcosa di nuovo, un nuovo bios: lo spettacolo.
E’ per questo che la porzione di vita più vicina all’atto teatrale è l’atto sessuale.
L’attore ha il compito di fecondare lo spettatore; lo spettatore ha il compito di accogliere il seme dell’attore e fare si che il teatro sia.Perché questo avvenga c’è bisogno di piacere; si, non è una novità, il motore centrale del teatro è il desiderio, il desiderio del piacere.
Siamo eredi di Dioniso.
Il teatro e la danza, come l’atto sessuale, necessitano di esseri umani non chini su se stessi, ma propensi all’ascolto ed al dialogo tra di loro; come due amanti.Il teatro è intimità.
Lo streaming, come la ripresa televisiva, sono una forma di comunicazione unilaterale: lo spettatore non può interagire con l’attore, l’attore non può ascoltare lo spettatore.Nella migliore delle ipotesi è cattivo sesso ma, di sicuro, non è prolifico.
Un teatro, per nascere nell’atto teatrale, non può avere uno schermo a fare da preservantivo.Gli attori talvolta si sentono dio, è vero, ma non hanno il dono del concepire in maniera immacolata.
Sappiamo tutti come si chiama l’osservazione, a distanza, in una collocazione extradiegetica, di un atto intimo.Si chiama pornografia.
Le piattaforme per lo streaming del teatro, di un atto inrimo, non sono simili a “netflix” ma piuttosto a “youporn”.
Certo; in questo momento di difficoltà sentiamo tutti il bisogno forte di occuparci di sussistenza.
Ci sono dei supermercati che prendono dipendenti per poche ore nel periodo natalizio; c’è anche l’elemosina come elemento da prendere in considerazione, e si, ovviamente, c’è anche la pornografia.
Non se ne deve fare una questione di morale.
Discuto spesso con amiche femministe che sono a favore di una prostituzione controllata; mi viene detto che ciascuno “con il proprio corpo” può fare quello che vuole; esattamente come mi viene detto che ciascuno, con il proprio teatro, può fare quello che vuole.Io credo però che dare un prezzo al proprio corpo voglia dire anche affermare che “un corpo può avere un prezzo” e contribuire a determina il prezzo dei corpi, anche del mio corpo, sul mercato.
Allo stesso modo chi crede che fare del proprio teatro “quello che si vuole” non influisca sulle condizione del “mio” teatro e del teatro in “genere”, sta sbagliando.
E’ vero.
Il teatro ha superato guerre e pestilenze; ma perché ci sono state donne ed uomini disposti a rischiare la vita per il teatro, e non a rischiare il teatro per la propria vita.
C’è solo un caso in cui lo streaming di eventi teatrali ha un senso: quando la ripresa si fa segno, nel senso antico del termine.
Quando serve a testimoniare che un teatro in vita è stato.E’ il caso in cui possiamo osservare spettacoli di Grotowski, Kantor, Eduardo.
Un teatro che è morto e di cui noi osserviamo le tracce.
E’ esattamente la stessa funzione che hanno i musei.
Io posso osservare un meraviglioso calice di cristallo del settecento e pensare: chissà come dev’essere stato bello berci del vino in compagnia.Posso visitare la casa degli amanti a Pompei ed affermare: chissà come si sono divertiti gli amanti in questa casa.
Posso osservare Natale in casa Cupiello con Eduardo e sua Sorella, o anche la versione con Regina Bianchi e dire: chissà come si sono dati piacere a vicenda attori e spettatori.In questo caso possiamo parlare di museificazione del teatro, va bene.
La questione è che museificare un teatro che dovrebbe essere vivo equivale ad assassinarlo; è immorale.
Certo.
Potreste obbiettare.
I nostri palchi sono pieni di teatro già morto.Capita di entrare in teatro con la stessa curiosità in cui da bambino entravo nelle “chianche” napoletane, nelle macellerie, dove corpi morti sono esposti con le budella rovesciate fuori dalla bocca affinché, guardandole, tu possa avere prova della freschezza di quei cadaveri.
Beh, questo tipo di teatro, sinceramente potete anche affidarlo allo streaming.
Tanto è già morto.
Uccidere una cosa già morta non è immorale.Certo, passare un ora a guardare in video il cadavere di un teatro morto due volte possiamo considerarlo necrofilia…ma, chi siamo noi per farne una questione morale?
Io comunque preferirei, e concludo, fare l’amore attraverso un teatro vivo.
Se, per cortesia, non me l’ammazzate tutto, io ci proverei.
Magari qualche spettatore mi ci stà.”
Intervento del 10 dicembre al convegno online sul Teatro in streaming curato dai Chille de la balanza e da Matteo Brighenti